Dott. Sodano, puoi dirci quando e perché è nata AIESEC? Qual è la mission dell’associazione?

AIESEC nasce nel 1948 da quattro studenti universitari di nazionalità differenti in Belgio. Questi ragazzi, ritrovandosi  in un contesto europeo devastato dalla Seconda Guerra Mondiale appena conclusa, hanno deciso di creare un’associazione internazionale che avesse come obiettivo quello di favorire la comprensione ed il dialogo interculturale, in modo che ulteriori conflitti di tale portata possano essere evitati fin dal principio. Tutto ciò avviene attraverso i nostri scambi internazionali, che mettono i partecipanti a confronto con nuove culture, li aiutano ad essere più consapevoli delle proprie forze e debolezze, e gli fanno guadagnare competenze pratiche. Gli scambi sono rivolti esclusivamente a ragazzi dai 18 ai 30 anni, perché crediamo che ognuno di loro debba vivere queste esperienze formative per maturare una maggiore consapevolezza di quello che avviene in tutto il mondo e per agire per la pace in futuro.

 

Nello specifico di cosa vi occupate? Quali servizi offrite ai ragazzi?

Offriamo opportunità di stage professionali o volontariato all’estero per i giovani italiani.

Abbiamo tre programmi principali:

  • Global Volunteer, ovvero esperienze di volontariato internazionali dalle 6 alle 8 settimane volti al raggiungimento degli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (con cui abbiamo una partnership ufficiale);
  • Global Entrepreneur, stage professionali in start-up dalle 6 alle 12 settimane, nati per attivare lo spirito imprenditoriale dei giovani in un ambiente dinamico e innovativo;
  • Global Talent, ovvero tirocini retribuiti in scuole o aziende dai 2 ai 12 mesi, in ambiti come l’insegnamento, l’amministrazione aziendale, marketing, ed altro ancora. Questi permettono di ottenere competenze professionali in un contesto aziendale e internazionale.

 

Chi può partire con AIESEC?  Come partecipare e quali sono i costi da sostenere?

I nostri programmi sono aperti a tutti i giovani dai 18 ai 30 anni, ma i prerequisiti variano in base al profilo richiesto per il singolo progetto. Nei progetti Global Entrepreneur o Global Talent infatti, essendo programmi professionali, è richiesto un background accademico coerente per la posizione per cui ci si sta candidando. I Global Volunteer invece non hanno alcun prerequisito particolare solitamente e non è nemmeno richiesto essere studenti universitari.
Per partecipare, basta iscriversi sul nostro portale www.aiesec.it per essere contattati da un nostro referente locale che mostrerà al potenziale candidato tutte le opportunità disponibili ed adatte alle sue esigenze. Successivamente, dovrà candidarsi al progetto specifico e seguire quindi il processo di selezione (anche questo varia in base al programma). Una volta che si è stati accettati, l’ultimo è passo è firmare il contratto e pagare la quota di partecipazione.

La quota corrisponde a 300€ per Global Volunteer, 400€ per Global Entrepreneur e 450€ Global Talent,e  copre gli standard che garantiamo durante le nostre esperienze, come seminari pre, durante e post esperienza, alloggio garantito, un buddy locale, ed altri ancora.

 

Perché consiglierebbe a uno studente di partire per un’esperienza con AIESEC?

In Italia, noi ragazzi ci lamentiamo spesso del tasso di disoccupazione giovanile, del fatto che le istituzioni non si mobilitino per i problemi globali, di come spesso siamo troppo chiusi nelle nostre realtà locali. I nostri programmi sono creati apposta per fare uscire i giovani dalla propria comfort zone e dargli una prospettiva internazionale, aiutarli a rendere il loro CV più competitivo e attrattivo nel mercato del lavoro e per mobilitarli ad agire concretamente sulla società. Ci teniamo particolarmente a far vivere esperienze di impatto, sia esterno (sull’azienda e sulla realtà locale in cui lavorano) che interno (di crescita professionale e personale).

 

Che valutazione danno della loro esperienza i ragazzi che hanno svolto un periodo di  stage o di volontariato all’estero?

Quasi sempre è positiva. Ci ringraziano per il supporto dei nostri volontari locali, che sono a disposizione dei ragazzi che partono 24h su 24, e per avergli consigliato destinazioni per loro inedite o impensabili, sentono di aver lasciato qualcosa di concreto per la realtà locale e per l’impresa (start-up, azienda, o scuola che sia). Ci ringraziano anche per le difficoltà che hanno vissuto, perché hanno sperimentato sulla loro pelle i propri limiti e per essersi messi veramente alla prova.

Spesso, una volta tornati, chiedono di entrare come membri volontari nell’ufficio locale della città in cui studiano, perché credono che l’esperienza che loro hanno vissuto meriti di essere provata da tutti giovani., e questo è forse l’effetto che ci rende ancora più fieri del lavoro che facciamo ogni giorno.

 

Qual è, secondo lei, il valore aggiunto di un’esperienza formativa all’estero?

Da un punto di vista professionale, svolgere un’esperienza all’estero (e non bisogna sottovalutare il volontariato, anzi spesso è valutato ancora meglio) è ormai sempre più richiesto per la maggior parte delle professioni sul mercato. In un mondo globalizzato, aver lavorato per un certo periodo in un altro paese, vuol dire essere entrato a contatto con un contesto professionale internazionale e con metodologie di lavoro differenti, che aggiungono valore al proprio bagaglio di competenze.

Ma penso che sia a livello personale che faccia davvero la differenza. Partire vuol dire scoprire lati nuovi di se stessi, ampliare i propri orizzonti ed avere molto più chiaro il proprio futuro. Ma soprattutto, sono esperienze che rompono davvero gli stereotipi e le barriere culturali. Molti giovani durante il primo incontro con noi, appena gli citiamo il Brasile o la Turchia come due delle destinazioni principali per i nostri scambi, iniziano a tremare e tirano fuori le loro paure, citano tutte le notizie di cronaca che hanno letto su internet e trovano scuse per rinunciare a partire. Appena tornati invece parlano di quei paesi con le storie vissute impresse nei loro occhi, mostrano le foto con la voce che trema dalla nostalgia e dai ricordi, e controllano già i voli per poter tornare il prima possibile.

Non sono solo stage all’estero, sono esperienze che lasciano un’impronta nella propria vita.